L’Armenia è una terra misteriosa ad est della Turchia, conosciuta come sito del Monte Ararat, approdo di Noè con l’Arca e tappa di Marco Polo sulla Via della Seta. I suoi abitanti la chiamano Hayastan, nome derivante dalla divinità pagana Hayk. Quella che oggi è la Repubblica di Armenia, così chiamata da persiani e greci, fu un Regno di Ararat, sempre mantenendo la sua forte identità culturale, politicamente messa spesso a repentaglio, rafforzata, nel V secolo, dall’invenzione dell’alfabeto armeno. I turchi ottomani, alla fine del XIX secolo, cominciarono gli spietati massacri di città e paesi presenti all’interno del loro impero. La pulizia etnica turca raggiunse il suo apice tra il 1915 e il 1918, con un’atroce deportazione di massa e lo stermino di un milione e mezzo di armeni. La diaspora degli armeni lì porto in ogni parte del mondo. Nel 1918, dichiarata repubblica indipendente, sembrò aver raggiunto la pace, ma due anni dopo cadde sotto le aggressioni dei bolscevichi e finì per far parte dell’Unione Sovietica. Nel 1991 l’Armenia, finalmente, riacquista l’indipendenza ed è entrata tra le moderne democrazie. I monti del Caucaso, frontiera naturale tra Europa ed Asia, sono l’aspra bellezza che rappresenta il paese. Fauna e flora sono sorprendenti, comprendono la varietà di uccelli maggiore d’Europa. I paesaggi cambiano tra vette nevose, piane fertili, boschi, laghi zone semi-desertiche, steppe e tante pietre. Le pietre, quelle preziose e quelle povere, sono alla base dell’arte armena. […] Il Cristianesimo è subentrato dal 301 d.C. alla precedente cultura pagana con i suoi templi riempiendo la piccola nazione cristiana di chiese e monasteri. La Chiesa Apostolica Armena ha luoghi eletti al culto in ogni luogo, a Roma San Biagio degli Armeni e San Nicola da Tolentino oppure a Venezia il Monastero mechitarista di San Lazzaro con i suoi tesori d’arte. La mostra al Complesso del Vittoriano a Roma, dal 6 marzo al 3 maggio 2015 si articola tra reperti archeologici, codici miniati, opere d’arte, illustrazioni e documenti sulla conversione degli armeni. La croce in tutte le sue declinazioni iconografiche e artistiche è il simbolo dell’identità culturale dell’Armenia. Nel 2015 ricorre l’anni versaccio del genocidio del popolo armeno da parte dell’Impero Ottomano. Una parte della mostra commemora i caduti dell’eccidio, la forza dei sopravvissuti e la solidarietà italiana nell’accoglienza dei profughi. Il diluvio universale trovò biblicamente in Armenia il luogo della salvezza nel Monte Ararat. I figli dell’arca, martiri della fede e vittime della persecuzione turca prima e sovietica poi, credono ancora nella colomba conciliatrice che concilia i popoli. Al Vittoriano si svolge in contemporanea la mostra di Giorgio Morandi, che così avrebbe potuto commentare: “Di nuovo al mondo non c’è nulla o pochissimo, l’importante è la posizione diversa e nuova in cui un artista si trova a considerare e a vedere le cose della cosiddetta natura e le opere che lo hanno proceduto o interessato.” Giorgio Morandi, pittore. Antonia Arslan pubblica nel 2004, La masseria delle allodole sul genocidio armeno, proponendo la toccante storia di un gruppo di armeni che vissero in Anatolia (attuale Turchia) vittime dei rastrellamenti del governo turco. NOTA A MARGINE DELL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA. Il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, così commenta il Modello di Chiesa con cupola centrale del VII secolo in tufo, con la funzione di presentare ai committenti i progetti: “Forse con Power Point si faceva prima”. Battuta quantomai avventata. Comunque, se fosse stato, sarebbe stato Autocad!

Timpano di un portale con altorilievo raffigurante Dio Padre, XIII_XIV sec. Foto Safarik Art Magazine

Giuseppe Vasi, Palazzo Sacchetti a Via Giulia (con la Chiesa di San Biagio alla Pagnotta), 1786, acquaforte. Foto Safarik Art Magazine

Francesco Zugno, Trittico con San Gregorio che battezza il re degli Armeni e scene del suo martirio (particolare). Foto Safarik Art Magazine