I volti nei tronchi di Roma scolpiti dal giovane Andrea Gandini

Andrea Gandini, Troncomorto 27, Roma, Via Cola di Rienzo, scultura in legno, 2016. Foto Safarik Art Magazine

Una delle proposte artistiche più interessanti nella Roma assopita del seondo decennio del Duemila è Andrea Gandini, giovane liceale, scultore del legno. Bello, bravo e simpatico: il Troncomorto. Aggettivi che userei per un ragazzo si adattano a meraviglia alle sue opere d’arte, i volti nel legno. Simpatico, si legga qui, nella mia visione personale, come fatto che suscita la mia attenzione.

Gandini ha colto le influenze delle maschere tribali africane giunte a noi attraverso, ad esempio, Picasso del dipinto Les Demoiselles d’Avignon del 1907. Si distingue da esse perché la sua scultura è piena diversamente dal vuoto dietro una maschera, tridimensionale diversamente dalla bidimensionalità un dipinto. Gli alberi morti rinascono come nel film The Mask con Jim Carey, dove, indossando la maschera, il protagonista si rivitalizza. Nonostante il titolo del ciclo Troncomorto, nuova linfa scorre nel legno. Voglio ricordare la tecnica dell’Ichiboku-Zukuri, letteralmente “fabbricazione con un solo legno”, il termine giapponese che indica la tecnica di esecuzione o la struttura di una scultura lignea ricavata da un solo blocco, in epoca antica tipica delle sculture buddhiddistiche dal VI secolo. La riconoscibilità degli ascendenti culturali, oltre a mero esercizio critico, permette di mettersi nei panni dell’artista davanti al supporto che sceglie di lavorare.

L’opera di Gandini sembra a primo impatto inserirsi nel filone del non-finito o abbozzato, ma il suo completamento è la metropoli che lo circonda, come nella street art, inglobando la grata alla base del tronco, la terra, il marciapiede, i passanti. E’ dunque scultura completa, il quale margine di sviluppo è da attendere con la naturale crescita stilistica dell’artista, che comunque, non me ne vorrà per l’annotazione a margine, si deve ancora sgrezzare lui stesso dalle ruvidezze della giovane età, equilibrare durezze e morbidezze, costruirsi sperimentando.

I romani hanno familiarità con i tronchi morti. Nata a Roma come trascuratezza nella gestione degli spazi verdi si è trasformata negli anni in una vera e propria abitudine: lasciare moncherini grandi e piccoli degli alberi caduti per incuria o perturbazioni. Togliere l’albero dalle radici è complesso, lungo e costoso, sostituirlo necessita di delibera e di fondi. Invece del buco sul selciato del marciapiede le strade dello shopping di Roma sono disseminate di questi “legni miliari”, a volte deturpati, altri decorati, altri trasformati in sedute improvvisate. Tuttavia di solito tanto robusti da resistere per anni, sia in piedi che sdraiati.

Gandini sceglie alberi morti già integrati nella città. I romani coniscono i loro alberi mozzi e scuriti dallo smog. Adesso scoprono i volti che ne emergono luminosi, pesanti e solenni. Il legno chiaro sotto la corteccia emerge grazie al grande talento del giovanissimo artista. Sembrano ritratti per quanto sono realistici, sono suggestioni.

Una caratteristica sociale molto spiccata nell’uomo è il Face Processing, il riconoscimento delle facce di chi abbiamo conosciuto al suo ripresentarsi. Questa capacità, forse legata al bisogno di guadagnare qualche secondo nel reagire ad un possibile nemico in condizioni di paura o scarsa visibilità, è anche nota come pareidolia, il cui caso simbolo è il fenomeno del volto su Marte. Vediamo volti e immagini antropomorfe in un una formazione rocciosa, nelle nuvole, in animali. Le forme della pareidolia possono essere nella normalità oppure patologiche. Normalmente è un gioco divertente e stimola la creatività artistica. L’artista scorge un antromorfismo dove nessuno se lo sognerebbe. Il giovane Gandini ha scavato nel legno di Troncomorto lineamenti che solo lui stesso aveva negli occhi dell’immaginazione. La proiezione di un’immagine mentale attraverso tecniche complesse su un supporto è proprio una locuzione che descrive l’arte.

Il tronco si trova in Via Cola di Rienzo. Gandini ne ha scolpiti molti altri in varie zone di Roma e ci auguriamo che continui perché siamo curiosi, molto curiosi.

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